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A proposito della chiesa di San Leonardo: cosa è stata per il nostro paese e per la nostra comunità?

di admin Letto 5.471 volte3

di Manuela Orrù

Poniamoci la domanda: cosa è per noi serramannesi la chiesa di San Leonardo?  Cosa è stata per il nostro paese, per questa comunità?

Come tutte le cose che si hanno davanti agli occhi tutti i giorni, anche questa costruzione passa inosservata nella sua possente bellezza, nella maestosità della cupola e nello slancio verso il cielo del suo campanile (a pianta ottagonale, simbolo d’infinito!). Per noi abitanti è lì da sempre, da prima che ognuno di noi nascesse, sarà lì dopo di noi, uomini del 2012, per i serramannesi del futuro. E sarà così, a buon pro del Vaticano, della Curia, dell’Amministrazione Comunale. 

La chiesa di San Leonardo ci ha accolto nel nostro ingresso nella comunità col battesimo; ci ha ospitato nel giorno i cui ci siamo uniti in matrimonio; ci ha consolato e accompagnato nei giorni in cui abbiamo pianto i nostri cari. Senza dimenticare i giorni di festa che sempre ci riuniscono come comunità, sia cristiana che paesana. Ognuno di noi ha vissuto o vive momenti di disaccordo con la religione, con l’istituzione Chiesa, ma è innegabile la sensazione che si prova entrando, soprattutto dal portone principale, in questo luogo: ci si sente bambini tornati a casa, in un luogo che si conosce da sempre, arioso e raccolto allo stesso tempo, solenne e familiare. In un tempo lontano si cominciò costruendo una cappella e il nostro orgoglio di serramannesi “barallisi” l’ha fatta diventare un duomo, col campanile più alto della Sardegna. L’altare di legno dove è custodito il Santissimo risale al 1600, i dipinti della volta sono stati eseguiti da un nostro compaesano, i banchi donati e certamente altri sono i simboli del legame della chiesa di San Leonardo con i paesani serramannesi.

Ma oggi noi, figli di questi tempi senza Dio, ci poniamo domande, vogliamo sapere se la chiesa di San Leonardo paga le tasse, se vengono emesse ricevute fiscali per le donazioni. Non ci interessa il fatto che questa chiesa è l’unica abitazione storica di Serramanna, insieme naturalmente ad altre due chiese (Santa Maria e Sant’Angelo), l’unica cosa veramente degna di essere visitata da un turista capitato per caso nel nostro paesello.

Questo è per noi serramannesi la chiesa di San Leonardo: è la nostra storia, generazioni qui sono passate, sotto queste volte hanno pregato, forse anche bestemmiato, certamente hanno gioito e pianto. E noi oggi ci domandiamo di chi è questa chiesa? Non è del Papa, che forse non ne conosce l’esistenza, neppure del vescovo, che viene come ospite. E’ nostra, è degli abitanti di Serramanna, credenti e non credenti. Chi altri si deve interessare al suo futuro se non noi?

Solo mettendo da parte le ideologie e i condizionamenti culturali, guardando dentro di noi, dietro di noi e al futuro dei nostri figli, sapremo fare le scelte giuste e unirci per proteggere e assicurare un bene che è parte della nostra storia sia umana che spirituale.

 

Tratto da: ” Dizionario Angius/Casalis La Sardegna paese per paese”
del 1850

“Se altre volte abbiam notato che le chiese canoni-cali o della mensa eran le più povere, indecenti, e malservite, non mai abbiam escluso le eccezioni, ed una di queste eccezioni è la parrocchia canonicale di Serramanna, la quale è ben provveduta, decente e benissimo servita dal vicario.

In prova dell’assiduità del parroco nell’istruzione evangelica basti il dire che si trovano moltissime fanciulle e giovani, i quali sanno rispondere sopra tutte le questioni della fede e della morale, che giova si sappiano dal popolo.

Il prebendato (teologo Antonio Manunta) diede buon esempio di paterna sollecitudine per il vantaggio spirituale e temporale del suo popolo, procurandone l’istruzione per renderlo sempre più morale, più industrioso; il vicario (Uda teologo Antonio) mostrossi fin qui tale, che se le parrocchie tutte della Sardegna avessero simili sacerdoti in poco tempo sarebbe migliorata tutta la popolazione. Un mio amico sagace conoscitore degli uomini, che stette in questo paese, scrivendomi della prosperità del medesimo me ne indicava le ragioni nell’assiduità del lavoro di questi paesani, nella intelligenza sempre più illuminata dell’arte, nell’indole pacifica de’ medesimi, nella distribuzione delle proprietà fra molti, e nella istruzione religiosa «mercè le cure dell’attimo vicario Uda, che anche pel cumulo delle altre virtù evangeliche poteva proporsi ad esempio de’ parrochi». E soggiungea sullo stesso soggetto: «Sotto la sua ispezione e per l’intelligenza ed esattezza del precettore della scuola primaria anche quest’istruzione fiorisce, ecc.»”.

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Commenti (3)

  1. ………….. E' il ricordo della mia infanzia e di adolescente ………. poi sono stato altrove ………… ma ho trovato sempre una chiesa e una comunità.

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  2. Non vi è dubbio che pensare a" Chiesa" venga spontaneo il luogo che ci à visti adolescenti ,cominciare il cammino di Fede….Anche per me come ad'Antonio….SAN LEONARDO è stato ed è ancora oggi " LA CHIESA" intesa come Comunità del "nostro" paese.
    Gravare perciò, di I C I ,questo "IMMOBILE" rasenta un nonsenso ,a meno che, (e io non ne sono a conoscenza) non esistano locali adibiti a fini di lucro.
    Se ,risorse così "trascurabili"influissero sui bilanci comunali……..! ! !

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  3. Ammirevole e colto articolo,fa onore a una Serramannese che ha colto nel segno facendo emergere i giusti sentimenti,il passato e il presente,la chiesa sempre attuale nel bene e nel male,ma solida nelle radici,sempre pronta ad accoglierti,come ha fatto con me nel vento e nella pioggia,grazie al buon cuore di chi l'apre la mattina senza chiederti nulla,senza farti domande.Tu entri e inizi il viaggio della memoria,sai cos'è stata ma non sai come sarà per te domani,come un grembo materno ti accoglie e ti conforta,ti da coraggio ad andare avanti,ad'avere speranza.Cari compaesani immaginate se una mattina tutto ciò non ci fosse più,se il campanile fosse soloun ricordo,non sentire più le campane,cosa sarebbe il paese senza un cuore che batte,senza il punto più alto più vicino al cielo,senza la casa che accoglie il più ricco e il più povero.

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