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Attilio Recs DiabloNut’z, i graffiti per comunicare

di Davide Batzella Letto 9.796 volte3

di Paolo Casti

Va detto che ancora nel 1959 ancora non c’era il fenomeno dei graffiti, mentre ora paesi e città sono ricoperte di scritte, firme, disegni vari; spesso si liquida il fenomeno come “semplice vandalismo” ma io sono convinto che ci sia molto di più da dire. I graffitari sono i nuovi artisti “primitivi” delle nostre città, sì, perché mentre la nostra cosiddetta civiltà si distacca sempre più dalla sua tradizione omologandosi e tranciando le proprie radici culturali in nome del commercio, l’essere umano, inteso come individuo, cerca di riappropriarsi della sua natura, del suo sentimento profondo di appartenenza al popolo inventando nuove radici, nuovi codici tribali. Ma, cos’hanno in comune i graffiti con l’arte primitiva? sicuramente hanno un codice, un linguaggio condiviso, anche se all’occhio profano sembrano tutti uguali.

Il graffitaro invece distingue la mano dei diversi artisti; come l’arte primitiva, quindi, c’è un linguaggio condiviso su cui l’artista si basa per mandare il proprio messaggio di riappropriazione della città. La scritta sul muro, per quanto possa sembrarci brutta, sciocca e vandalica, la banale firma, altro non è che un dire “mi riprendo il mio territorio”, è un urlo contro la tendenza distruttiva della modernità, una volontà di ritorno a una società a misura d’uomo. È proprio la firma sul muro ad essere antropologicamente più significativa, sicuramente più del graffito elaborato fatto magari da un artista famoso. L’arte primitiva non è “professionale” ma è espressione del popolo a cui appartiene, è prodotta da tutti, è arte valida in sé anche se anonima.

A Serramanna, uno dei più accreditati writers (graffitari) è Recs Diablo, che ho voluto incontrare e intervistare.

Diablo, cosa significa per te essere un writers?

Significa avere una grande passione, nonché il coraggio e la determinazione per poter scommettere su se stessi portandola fuori, mostrandola agli altri e non arrendersi ai primi insuccessi. Vivo la cosa come una sfida con me stesso, una continua ricerca dello stile personale, per crescere e migliorarmi di giorno in giorno. Ma è anche uno stile di vita: ogni cosa che faccio, che vedo o che ascolto si rispecchia nel mio “lavoro”, per cercare di creare sempre qualcosa che colpisca chi la guarda, che sia un altro writer o un semplice passante. Penso sarebbe bello che le città e i paesi dessero più spazio a chi merita, perché un ambiente colorato è sicuramente più bello da vedere, e da vivere.

Perché il muro e non una tela?

Il fenomeno writing è nato sui muri, per le strade nella completa illegalità. Portare una cosa come questa su una tela, magari (come capita per molti graffiti-artists di fama mondiale) in una mostra, significa snaturare l’opera, privare l’opera stessa dell’anima.  C’è poi da considerare il fatto puramente pratico:  non è facile trovare una tela grande quanto un muro!

Graffiti / Murales, è un binomio possibile?

Certo. Già da tempo mi capita di dipingere di tanto in tanto con un noto muralista mio compaesano, Giuseppe Todde, e ho capito che le due differenti tecniche possono convivere e amalgamarsi benissimo, a volte addirittura migliorarsi. Ciò che cambia è solo la tecnica utilizzata. Purtroppo per noi, presentarsi come muralista fa sempre un effetto migliore sulla gente che presentarsi come writer.

Che differenza c’è tra “atti di vandalismo” (sporcare un muro) e il “writing”?

Un writer, come si può capire dalla parola, scrive sui muri, così come fa un vandalo. La differenza sta nel perché scrivono. Il writer lo fa per farsi conoscere, per lasciare un segno del suo passaggio, ovunque ritenga opportuno, solitamente rispettando monumenti e beni culturali. Ma è lo scopo di tutto, apporre la propria firma, in ogni modo. E così, dalla semplice tag, le lettere si ingrossano e diventano semplici throw-up, fino alle grandi murate elaborate. Lo scopo comunque rimane lo stesso sia nelle tag che nei grandi graffiti: lasciare la propria firma. Il vandalo, invece, lo fa e basta, senza uno scopo, se non per la soddisfazione di aver fatto un qualcosa di trasgressivo, di cui vantarsi e compiacersi. Con chi sa ovviamente, perché solitamente chi imbratta ci tiene a rimanere anonimo.

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Commenti (3)

  1. Sarà, ma io quelle tag continuo a vederle dove non dovrebbero essercene.

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  2. l'unico commento che si può fare e che il paese è diventato uno schifo a causa di alcuni maleducati che vanno ad imbrattare/rovinare le pareti di varie abitazioni, la stazione ferroviaria, i monumenti, ecc.
    I vigili urbani dovrebbero dotarsi di videocamere da nascondere opportunamente in certi luoghi in modo da riprendere queste persone, individuarli, farli ripulire i luoghi dove hanno imbrattato, obbligandoli inoltre a svolgere per un periodo dei lavori ai servizi sociali, visto che il paese ne ha bisogno.
    l'educazione civica purtroppo non si insegna più e questo è un male, non c'è più rispetto delle cose altrui, chissà dove andremmo a finire…

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