Una ipotesi ovvia, eppure nuova, nel lungo buio conoscitivo sulle chiese campestri a Serramanna
di 14 Marzo 2013 12:04 Letto 11.122 volte5
Tra le tante leggende e pressapochismi che circolano nel paese, non e’ certo poco degna di nota, quella legata all’esistenza di antiche chiese dette “campestri”….e per moltissimi motivi!
Più di un agricoltore, pavoneggiando ipocritamente il diritto all’ignoranza, ma scaltramente, rifiuta di rilasciare una videointervista (un po’ pericolosa), dopo aver ammesso, in privato, che ai tempi dei suoi avi resistevano tracce murarie di quelle chiese nei loro campi e che furono distrutte per bonificare i terreni, spostandone i massi ai bordi dei campi e che “altri”,poi,misteriosamente li avessero da li rimossi,certo per creare fondamenta e zoccolature di case nel paese.
Un’altra conferma, indiretta ma precisa, ci giunge da un illustre serramannese, Vico Mossa,nel suo libro-testamento “I CABILLI”. Qui l’architetto ,nei ricordi della vita del paese negli anni ’30,racconta di cosidetti “eremitani”,custodi un po’ eremiti di queste chiese campestri,usi a portare”a tracolla una cassettina con “rannicchiata”l’immagine del santo in tutela…e a cui si elargiva il doppio della elemosina (,pur meno bisognosi degli altri,perche’ oltre all’alloggio gratuito gli “eremitani” avevano in dotazione un orticello intorno alla chiesa”) e ne cita anche la”devota barba jeratica”!
Ma ancor prima, nella pubblicazione di meta’ ‘800 a cura di Angius-Casalis, alla voce Serramanna compaiono citate e note molte e varie chiese campestri: SAN PIETRO, SAN GIORGIO, SANTA LUCIA, SANTA MARINA, SANTA BARBARA, SANT’ANTIOCO DE SA ROJA.
E’ evidente dunque che queste furono e sono una realta’ storica e non una nebulosa leggenda,seppure per molti,ho potuto notare in questi anni di permanenza nel paese,spesso anche fra chi gestisce il potere,la cosa e’ relativamente importante, come non costituisce se non importanza secondaria e aleatoria, la storia, l’identita’, il patrimonio specifico che possa richiedere tutela.
Per chiunque abbia fatto degli studi classici (quegli studi ritenuti inutili e demode’ dal senso comune), salta subito all’occhio che gran parte di questi nomi(e dei corrispondenti nomi sardi che identificano i campi attuali in cui sorgevano,non sono nomi latini,ma nomi greci!E per chi sia anche proveniente da altre formazioni,ma curioso approfonditore di un po’ di storia della regione,non e’ un mistero che il culto latino della Chiesa romana, sostituisca “scacciandolo”quello precedente greco cristiano,con l’invio strategico dei monaci benedettini-VITTORINI,di origine marsigliese,a cui le varie autorita’politiche,d’accordo con la chiesa romana,affidano e cedono poderi,laghi,saline,etc….(Vedi tutti i curatissimi studi e pubblicazioni del prof. Boscolo per l’Universita’ di Cagliari,per i secoli XI,XII,XIII).
E’ chiaro che la storia delle nostre chiese “campestri,dunque,sia precedente e piu’ antica!
Inutile dire che di una storia dei secoli precedenti non si senta proprio il bisogno in tutti i libri su Serramanna,che curano nei minimi dettagli altri aspetti che molti potrebbero trovare irrilevanti e che dunque,non solo su queste chiese,ma sulla storia del paese,per secoli prima vi sia un grande buio e jato conoscitivo!E anche,diciamolo,una grande pigrizia indagatrice!
Osservando sulla cartina del paese le campagne circostanti poi,risulta curioso che almeno 4 di queste, le piu’ vicine al centro abitato siano comunque oltre che lontane, equidistanti dal centro abitato e disposte a croce (S.Jorzu,S.Brabara,S Luxeria ,Villa greca): questa visione-gestione dello spazio e’ tipica dei greci bizantini (forse i primi insediamenti greci?), che anche nello spazio architettonico si esprimono sempre con forme quadrate o circolari e con un centro (Vedi Bettini e gli studi sullo spazio architettonico bizantino)….e la loro distanza dal centro abitato,ci e’ addirittura rivelatrice e foriera di conoscenza ulteriore…abbiamo a che fare col MONACHESIMO!
Per la chiesa medioevale dell’epoca infatti il monachesimo,che rappresentava la perfezione cristiana,anche in occidente,inizia una nuova era dove SI SUPERA IL MONACHESIMO nella concezione dell’EREMO o di LUOGHI IMPERVI ed IRRAGGIUNGIBILI,di ISOLAMENTO,per una concezione di MAGGIORE FAMILIARITA’,MAGGIORE VICINANZA ai centri abitati.
La grande innovazione dell’epoca giunge dalla regola di SAN BASILIO!!! Ecco spiegata quindi la distanza di questi siti,ecco che diventa illuminante capire bene il senso e il perche’ di queste comunita’ di MONACI BASILIANI rispetto al centro piu’ abitato:questi monaci,infatti erano in alcuni casi fra loro,anche sacerdoti,cioe’ funzionari di culto e legati all’autorita’ di un vescovo,per cui,per quanto costoro cercassero dei luoghi di silenzio e di raccoglimento,esercitando anche attivita’ di culto,di carita’ sui piu’ bisognosi,etc..cercavano dei luoghi mai troppo lontani o impervi.
Ma che ci facevano a Serramanna e nell’isola questi MONACI mediorientali(siriani,turchi e comunque bizantini,di lingua greca)?
Dobbiamo ricordare che la Sardegna,come tutto il sud Italia del momento era bizantina ,anzi ne era il confine dell’impero e non farci sfuggire un evento storico coevo importantissimo:
la lotta iconoclasta ad opera dell’imperatore bizantino LEONE III “ISAURICO”,oltre a provocare la distruzione di quasi tutte le immagini sacre dell’impero e la morte e persecuzione di molti monaci,spinse gran parte dei rimanenti alla fuga nelle aree periferiche dell’impero!
Sui Basiliani nel sud Italia e specialmente nelle Puglie e nella Sicilia vi sono tantissimi ed accurati studi e pubblicazioni,fra i piu’ noti quelli di Giuseppe Gabrieli.Dal Gabrieli ed illustri colleghi apprendiamo altre cose su di loro:scopriamo ad esempio che usavano, all’ingresso delle aree destinate a culto e dimora,come custode e con funzione apotropaica,una immagine di Madonna,detta “vergine portinaia”;che da quando termina la persecuzione iconoclasta, nell’843, diventano molto piu’ visibili e frequenti i centri e le chiesette dei Basiliani;che questi monaci hanno avuto funzioni fondamentali sia nelle bonifiche delle paludi,sia nell’agricoltura specie nelle coltivazioni di fico,olivo,melo,etc…),nella istruzione,in attivita’ artigianali come la calzoleria,la muratura,la tessitura,nonostante usassero indossare ,molto frugali,una semplice tunica,portassero una lunga”jeratica barba”,facessero ciclici digiuni di frutta.
Dobbiamo quasi sicuramente a loro parole di origine greca come: arrogai, arropai, cascai(sbadigliare), caraganzu,etc…etc…
Scrivendo queste conoscenze ricavate da una settimana di studi,come omaggio ad un paese che mi ha donato fra i ricordi piu’ belli e fiabeschi della mia vita complessa e di mondo(non certo quello attuale,tristissimo ,ottuso privo quasi della sua identita’),non avevo ancora scoperto la prova logica e storica del passaggio dei Basiliani nelle nostre parti;per i piu’scettici soprattutto,credo sia rassicurante sapere che sia a Decimoputzu sia a Villasor(chiesa di Santa Sofia),sono conservate e storicamente riconosciute le tracce dei Basiliani,specie in certi architravi,colonne,etc,simili per intenderci a quelle che decorano dei giardini o delle zoccolature di muri delle case nel paese.
giorgia mascia 14 Marzo 2013 alle 12:16
Grazie Emilio .
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Annalisa Deidda 14 Marzo 2013 alle 21:59
Secondo il glottologo S. Dedola, lo stesso cognome Basile, Basili sarebbe corrispondente al nome personale Basile “Basilio”, greco Basilis derivato da Basileus=re, evidentemente introdotto in Sardegna tramite i monaci Bizantini.
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Bruno 16 Marzo 2013 alle 03:00
E’ una tesi suggestiva, portata avanti con le sole armi del ragionamento logico-deduttivo, per dare una giustificazione plausibile della presenza anche nel nostro territorio di molteplici agiotoponimi del menologio greco (cui aggiungerei Santa Giuliana, Santa Marina, San Michele, Santu Deus e ovviamente Santa Maria), interpretati come ultime tracce della memoria di edifici religiosidi culto bizantino, oggi perlopiù scomparsi, gestiti dai monaci basiliani, in quel periodo poco conosciuto della storia della Sardegna che va dal termine della dominazione vandalica, nel 534 d.C., alla nascita dei giudicati. Purtroppo l’insufficiente conoscenza delle vicende di quel periodo è dovuta proprio alla scarsità delle fonti, o forse anche al mancato riconoscimento delle stesse, o alla loro errata attribuzione ad altri periodi storici. Di fatto, prima dell’anno mille la chiesa sarda era di rito e culto greco-ortodosso, sotto l’influsso spirituale della chiesa bizantina, e tale situazione si protrasse fino all’anno 1054, quando si realizzò lo scisma tra la chiesa d’oriente di Costantinopoli e la chiesa romana d’occidente. Dopo la scomunica e le inevitabili persecuzioni, i monaci che non si erano sottomessi all’autorità di Roma abbandonarono inesorabilmente le nostre terre e i relativi monasteri; ci fu a quel punto un trapasso di beni e proprietà che, presumibilmente, per non finire in mano al clero di rito latino, vennero trasferiti a favore dei giudici, portando così alla nascita dei giudicati. Solo nell’XI secolo la chiesa di Roma riuscì lentamente a prendere piede in Sardegna, con l’arrivo, su richiesta dei giudici ormai sottomessi alla Santa Sede, dei monaci Vittorini, provenienti dal convento benedettino di S. Vittore di Marsiglia. Oltre ai tanti nomi che derivano dal greco e agli alberi da frutta tipici della cultura monastica orientale (soprattutto fichi), pure nei paesi del circondario di Serramanna persistono a tutt’oggi segni tangibili del periodo bizantino, come dimostra la presenza della chiesa campestre di San Basilio a Decimoputzu, di San Giovanni ad Assemini, e ovviamente di San Saturno a Cagliari. Vi è stato poi il ritrovamento in passato di alcune lastre e cornici marmoree con epigrafi bizantine a Villasor, attribuite all’ormai scomparsa chiesa bizantina di Santa Maria di Gippi. Infine, è di alcuni decenni fa il ritrovamento di una tomba bizantina a camera con volta a botte, tra Serramanna e Villasor in località “is Perderas”, tra la strada statale e la linea ferroviaria. La camera sepolcrale, dotata di apertura quadrangolare, ha una pianta rettangolare, pareti costruite con lunghi blocchi di pietra lavorata e volta ogivale, ed era probabilmente destinata alla custodia delle spoglie di personaggi autorevoli.
Complimenti ad Emilio per aver contribuito, pur non essendo un esperto in materia, ad illuminare quel periodo incerto della nostra storia, tutt’ora così legato al nostro presente.
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maurizio serra 6 Agosto 2013 alle 08:19
Interessante argomento! Per passione stò cercando di censire le varie chiese campestri della Sardegna, anche quelle oramai perdute… A riguardo, esistono documenti nell’archivio parrocchiale di Serramanna? Inoltre, essendo di Villanovaforru, l’unico paese che possiede tuttora un luogo di culto dedicato a Santa Marina (della quale Emilio ha pubblicato la foto), vorrei capirne di più sulla chiesa serramannese..
Vi ringrazio!
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Alessandro F. 15 Luglio 2018 alle 17:56
Della chiesa intitolata a Santa Marina, a Serramanna, non rimangono tracce! La foto pubblicata non è pertanto di nessuna chiesa del territorio serramannese! E’ una foto pubblicata esclusivamente a titolo esemplificativo!
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