Una poesia da rileggere: La pioggia nel pineto
di 2 Marzo 2013 15:20 Letto 97.563 volte5
La pioggia nel pineto è una lirica composta fra luglio e agosto 1902 dal poeta Gabriele D’Annunzio. Quest’opera appartiene all’Alcyone, una raccolta di poesie del D’Annunzio scritte tra il 1902 e il 1912.
Il tema dominante della poesia è la ricerca della bellezza e la possibilità di esprimere e far parlare il mondo delle sensazioni, delle emozioni e dei sentimenti, il rifiuto della razionalità, l’abbandono all’istinto e all’esperienza, attraverso una completa identificazione con la natura che diventa amica, conforto, gioia e ci permette di godere delle sensazioni provate.
Il poeta dà un’immagine raffinatissima e suggestiva di un’atmosfera naturale espressa con una struttura frammentaria dei versi e con la ripetizione di parole e di frasi e dal susseguirsi di sensazioni uditive, visive, olfattive, tattili, ritmate dal ripetersi di due verbi chiave, “piove” e “ascolta”, in cui però le sensazioni uditive prevalgono sulle altre. La poesia, infatti, è una sinfonia musicale perché il poeta sceglie le parole non tanto per il loro significato quanto per il loro suono (caratteristica tipica del decadentismo e di D’Annunzio in particolare), per creare la suggestione di una musica.
LA PIOGGIA NEL PINETO |
Taci. Su le soglie Odi? La pioggia cade Ascolta, ascolta. L’accordo Piove su le tue ciglia nere |
Il poeta si trova a Marina di Pisa con Ermione, la sua donna amata e, mentre passeggiano in una deserta pineta vicino al mare, li sorprende un fresco temporale estivo. Le gocce, cadendo leggere sui rami e sulle foglie, creano una musica magica e orchestrale, destando odori e vita segreta nel bosco. I due amanti si inoltrano sempre più nel fitto della vegetazione e, così circondati, coinvolti e immersi da una sinfonia di suoni, profumi e sensazioni sprigionati dalla pioggia, si sentono parte viva della natura che li circonda, fino ad immedesimarsi con essa stessa e a trasformarsi in creature vegetali. Questa trasformazione inizia nella seconda strofa, dove il poeta paragona il volto di Ermione a una foglia e i suoi capelli a una ginestra e si compie nell’ultima strofa, dove D’Annunzio definisce Ermione non bianca ma quasi fatta virente, cioè verde, come una pianta, e ne paragona i vari elementi del corpo ad altrettanti elementi naturali: il cuore alla pesca, gli occhi alle polle (pozzanghere) d’acqua, i denti alle mandorle.
In questa immersione totale del poeta e di Ermione nel paesaggio naturale che li circonda entrambi ritrovano “La favola bella che illude”, cioè la vita con i suoi sogni d’amore e le sue speranze.
Ogni strofa termina con il nome della donna, Ermione, riferimento classico come quasi per rendere immortale la sua donna. Ermione (che nella realtà era l’attrice Eleonora Duse) è un nome tratto dalla mitologia greca e corrisponde alla figlia di Elena, moglie di Menelao e causa della guerra di Troia.
Questa poesia è bellissima perchè fonde il sentimento con l’amore per la natura. E per D’ Annunzio è la natura del pineto a risvegliare i sentimenti d’amore e le passioni, con la sua bellezza, i suoni e la pace che ispira.
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Betty Caria via Facebook 2 Marzo 2013 alle 15:51
E’ una poesia stupenda,con un gran significato!!! La sua capacità di trasformare semplici parole in musica è davvero straordinaria!Dimostra come le cose belle della vita riescono a rendere l’uomo sensibile…..
Manuela Ortu 5 Marzo 2013 alle 11:45
…come fare di necessità virtù! Chissà quanti dovendo aiutare i figli a studiare riscoprono argomenti o altri oggetti della cultura che negli anni trascorsi da studenti sembravano così ostici e poco interessanti, o per dirla con i nostri predecessori “repetita iuvant”.
Michele 20 Ottobre 2013 alle 17:49
E’ un’opera lirica di suoni e di silenzio se il silenzio è suono : Taci. Maikciarli
Lodovico 8 Maggio 2015 alle 05:39
Amare, sognare in Versilia. Sublime Gabriele come ti ho capito!