Maresciallo Carmine Zuddas di Serramanna (dal libro di Cassola “La ragazza di Bube”)
di 22 Aprile 2013 11:52 Letto 9.528 volte2
La storia del maresciallo dei Carabinieri Carmine Zuddas di Serramanna, coinvolto in un criminoso eccidio commesso da spietati assassini e l’assassinio del figlio Antonio, trucidato nella delittuosa vicenda. Questo episodio ha ispirato Carlo Cassola a scrivere il romanzo “LA RAGAZZA DI BUBE” da cui è stato tratto un film con lo stesso titolo, una storia d’amore che resterà nella leggenda. Un romanzo ambientato nei primi giorni del dopoguerra, in un clima politico incandescente. Racconta la storia di due fidanzati Mara Giorgi,una ragazza di sedici anni di grande vitalità, libera e indipendente, di famiglia povera e Renato Ciandri, chiamato “bube” nel romanzo, ventenne di grandi aspirazioni, ribelle, partigiano conosciuto con il nome di “baffo “. I due s’incontrano e s’innamorano. Durante la resistenza lui ha la fama da duro. Commette una sciocchezza di uccidere il figlio del Maresciallo dei Carabinieri(Antonio Zuddas),forse per non venir meno all’immagine del vendicatore. Dopo gli avvenimenti, sotto descritti, viene processato in contumace, consigliato dai suoi amici di partire e scappare all’estero. Si rifugia in Francia e per Mara inizia un periodo di solitudine e tristezza. Nel 1950, viene arrestato a Parigi e trasferito alle carceri di Torino per espiare 19 anni. Nel 1951, 26 agosto, i due innamorati Mara e Bube si sposano nel carcere di Alessandria. Nel 1954 viene trasferito nel carcere dell’Isola D’Elba. Il 22 dicembre 1961 viene graziato e liberato. Il due trascorrono la loro vita nel paese sino al 6 novembre del 1981,lasciando la vita terrena.Nada rimane sola con il figlio e i nipoti. Muore nel maggio del 2012.

Carmine Zuddas, Maresciallo Maggiore dell’Arma dei Carabinieri,nato a Serramanna il 23 gennaio del 1886, di Francesco e Priama Littera. Il padre Francesco, possidente terriero di Serramanna, padre di 25 figli. Ha combattuto al fianco di Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi, coprendosi di gloria durante il periodo Risorgimentale. Carmine si è sposato con Margherita Rotelli il 18 luglio 1920 nel comune di San Miniato dove prestava servizio in qualità di Comandante della Stazione dei Carabinieri. Del matrimonio sono nati tre figli maschi, Giovanni, Enrico e Antonio. Come risulta dagli atti ,è deceduto a Pontassieve il 13 maggio 1945.
Giovanni Zuddas; (figlio), anche lui carabiniere, nato a San Miniato (Pisa) il 19 ottobre 1913, Brigadiere dei carabinieri nella stazioncina di Chiavaretto, in comune di Subbiano. Dopo l’8 settembre del 1943, con lo sfacelo delle Forze Armate Italiane, aveva radunato un gruppo di soldati sbandati,in prevalenza carabinieri, assumendo il comando operativo dei partigiani con il grado di Capitano; Chiamato TIFONE.
Enrico Zuddas; Arruolato come ufficiale dell’esercito italiano. Ha combattuto sul fronte e caduto con onore durante una battaglia, abbracciato alla sua mitragliatrice nella campagna di Russia.
Gli avvenimenti
La luttuosa vicenda avvenne in Toscana, precisamente a Molin del Piano e Santa Brigida, situati tra Firenze Pontassieve, il Mugello e il Santuario della Madonna del Sasso. Il giorno 15 maggio 1945,al termine della Guerra 1940/45, una mattinata radiosa di primavera, il Servizio d’ordine era affidato al Maresciallo Carmine Zuddas, comandante della Stazione dei Carabinieri di Molin del Piano,di lunga esperienza nell’Arma,un servizio necessario per il regolare svolgimento d’una sagra religiosa di ringraziamento per la fine della guerra.Oltre ai tre carabinieri di servizio lo accompagnavano la moglie Margherita Rotelli ed il figlio minore Antonio,di appena 17 anni, ancora studente.
All’improvviso si odono grida di aiuto da parte del Sacerdote del Santuario. A richiesta del Religioso dovette intervenire,per sedare un violento diverbio sorto fra un folto gruppo di giovani (armati e vestiti succintamente, particolarmente le donne), il sacerdote e i frati del Santuario che, giustamente, tentavano d’impedire agli energumeni l’ingresso e la permanenza nel luogo sacro, ove si svolgeva una cerimonia di Ringraziamento per lo scampato pericolo della guerra, appena cessata. Il maresciallo Zuddas interviene prontamente e dopo una animata discussione, pacatamente, ribadisce la richiesta di assumere un comportamento decoroso nei confronti dei fedeli e più rispetto del luogo sacro. Nonostante l’arrogante pretesa di non voler accondiscendere all’invito di uscire dalla Chiesa (oppure alla richiesta di provvedersi di un abbigliamento decente), evitando una vera rissa, Carmine Zuddas riuscì infine a convincerli, benché di malavoglia e con atteggiamento minaccioso. Il gruppo di malfattori si allontanò, per ritornare subito dopo con un gruppo più numeroso, armato fino ai denti con armi da guerra, con un piano preordinato e con il deliberato proposito di colpire il Rappresentante della Legge che si era opposto per impedire loro di commettere un reato e probabilmente un sacrilegio nel Santuario. Tutti i carabinieri ed Antonio il figlio del Maresciallo, furono condotti con la forza nei locali della canonica ove subirono una serie di angherie ed ingiurie. La moglie Margherita, atterrita, oltraggiata, strattonata, minacciata e piena di lividi, supplicava i giovani di porre fine alle torture che infliggono al marito e al figlio Antonio.
La ripetuta e ferma richiesta del Maresciallo del rispetto della Legge (anche perché essi erano pronti all’uso di armi da guerra) scatenò la loro criminosa reazione (più che su altri Carabinieri presenti), saltarono addosso a Carmine e lo colpirono con pugni e calci e subito dopo cercarono di disarmarlo colpendolo con ogni genere di sevizie: sputi, bastonate con le armi, cadeva cercava di rialzarsi, ma non reggeva più, gli colava il sangue dappertutto, mentre la giacca era priva di bottoni, delle spalline ed il berretto fatto a pezzi e dopo, crivellandolo proditoriamente, da più parti, con numerose pallottole di mitra. Con una virulenza bestiale per l’odio nutrito, in quel periodo, nei confronti dei Carabinieri, da individuate forze politiche contrarie all’Ordine Costituito, impersonato soltanto dall’Arma, sempre fedele nei secoli; che impegnava anche per opporsi ad un probabile tentativo rivoluzionario nell’intento di impadronirsi dello Stato con la violenza armata. Naturalmente il figlio ntonio (d’una notevole prestanza fisica e di indiscusso coraggio) tentò di difendere suo padre ed anche sua madre (che aveva voluto presenziare alla cerimonia religiosa) prese la pistola del padre e sparò contro quello che ancora torturava il padre (Carmine) che mostrava l’intenzione di ucciderlo; ma il suo generoso intervento risultò inutile, poiché la rabbia omicida si riversò su di lui, con notevole ferocia, ignorando la sua totale innocenza ed estraneità ai fatti. Antonio, strappato dalle braccia della madre che invocava pietà ed addossato alla parete del Santuario, veniva falciato da numerosi colpi di mitra che gli spezzarono persino il torace, ma prima di esalare l’ultimo respiro continuò a mostrare la sua eccezionale vitalità ed il suo coraggio indomito.
Da questa tragedia si salvò la moglie Margherita Rotelli.

Il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri impartì immediatamente le disposizioni per svolgere il servizio investigativo per appurare lo svolgimento dell’accaduto e individuare gli autori di questo delitto, accertare la loro colpevolezza. Dopo un breve periodo la Magistratura fissò il processo a carico degli indiziati. I nomi degli uccisori erano noti, chi gli sparò con alcuni colpi di moschetto, chi lo colpì con pallottole mentre era ferito, chi lo finì con numerose raffiche di mitragliatore.
All’esame autoptico risultò crivellato di colpi, come se si fossero voluti accanire con odio e sadismo su una persona innocente. Il processo si svolse presso il Tribunale Militare di Arezzo nel mese di settembre, furono chiamati a testimoniare tutti gli autori del misfatto, il sindaco, i carabinieri, il parroco e altri, per codardia o per omertà molti non si presentarono al processo, temendo delle rappresaglie. Il 1 ottobre 1946 si concluse con una sentenza abbastanza blanda per motivazioni politiche contingenti avendo come attenuanti i fatti legati alle necessità di guerra. Il martirio dei due eroici familiari, per le contingenze politiche del periodo, non ebbero riconoscimenti che meritavano, ora loro godono della felicità negata dagli uomini sulla terra.
Il partigiano BUBE (Renato Ciandri) fu condannato per omicidio quale responsabile dell’eccidio. Cassola incontra Bube e Nada a Colle Val D’Elsa perché si conoscevano da prima e raccontano la loro storia e i fatti successi. Da quest’incontro viene l’idea di scrivere la storia della ragazza di Bube. Renato Ciandri muore nel 1981.


Nel 2012 in letto d’ospedale a Ponte a Niccheri muore Nada, la vera Nada del romanzo con i suoi 85 anni e un cappello pieno di ricordi. Era nata a Pontassieve il 25 gennaio 1927.
Tanti anni sono trascorsi dalla fine del conflitto della seconda guerra mondiale, ma i ricordi di persone coinvolte in tragici fatti non possono essere dimenticate o cancellate dalla mente. Avvenimenti accaduti a persone scomparse o uccise tragicamente con o senza giusta causa. Noi non giudichiamo gli avvenimenti della storia raccontata, ma saranno altri a giudicare. Le vittime e gli esecutori materiali con i loro mandanti morali, sono in gran parte deceduti per cui sono comparsi davanti ad un Tribunale ben più importante e con gli elementi probatori indiscutibili ed una sentenza inappellabile, davanti a cui i processi e le decisioni terrene scompaiono.
FONTI
- Legame inscindibile:Carabiniere e Dovere – Prof. Lidio Collu Zuddas;
- 150°Anniversario dell’Unità d’Italia e dell’Istituzione della “Legione dell’Arma dei Carabinieri in tutto il territorio nazionale.1861-2011 Prof. Lidio Collu Zuddas;
- NADA,la ragazza di Bube di Massimo Biagioni – Edizioni Polistampa;
- Carlo Cassola – La ragazza di Bube –Edizioni Mondadori;
- Foto della famiglia Zuddas per gentile concessione della fam. Toeschi;
- Altre foto tratte dal romanzo di Massimo Biagioni

Rosy 22 Aprile 2013 alle 12:57
Bellissimo articolo Luigi! Non sapevo che Cassola aveva preso spunto da questa triste vicenda! Ero bambina negli anni ’60 e le mie cugine e mia sorella più grande impazzivano per “La ragazza di Bube” era il libro più letto dalle adolescenti in quegli anni. Pensavo fosse una storia d’amore romantica e invece….
Guido Carcangiu 22 Aprile 2013 alle 16:19
Articolo molto interessante, complimenti Signor Luigi. Grazie.