La matita bene comune: Serramanna onora la creatività di Putzolu
di 25 Ottobre 2013 23:02 Letto 2.741 volte0
Il primo, piccolo, museo è lo studio della sua casa, da dove Franco Putzolu (clicca per leggere la pagina dedicata all’artista) faceva alzare in volo le vivaci scenette frutto della sua matita geniale, e graffiante. Matite, colori, fogli, bozzetti: un angolo magico rimasto «intatto».
Il secondo, più grande, è nella sala consiliare del Comune di Serramanna dove (parole del sindaco Sergio Murgia), «è stato dato il meritato spazio a chi ha dato lustro alla nostra comunità, affinché sia da stimolo, sprone ed esempio per tutti noi», e dove da due giorni, campeggiano 24 vignette originali frutto del talento artistico di Putzolu (clicca qui per vedere la galleria fotografica). «Nel suo studio è tutto come l’ha lasciato lui: è il modo per sentirlo ancora in casa, qua con me». Dalla casa di via XXV Aprile, a Serramanna, «che doveva essere la dimora per la vecchiaia, e che è poi diventata la nostra residenza per trent’anni», Franca D’Oca, la compagna di una vita del giornalista-vignettista scomparso poco più di due anni fa (clicca per vedere un’intervista del 2011), accarezza con i ricordi più belli i quasi 60 anni vissuti in simbiosi con l’uomo, il suo, che le ha regalato un’eredità con più spessore umano e morale che patrimoniale. «In pratica siamo stati sempre assieme: da quando io avevo 13 anni e lui 17, e io ho sposato l’uomo, non l’artista», si apre Franca D’Oca, che mercoledì mattina ha visitato in anteprima l’esposizione permanente con le opere, ventiquattro disegni che Franco Putzolu aveva regalato alla sua Serramanna. «Il nostro paese, di cui eravamo innamorati», continua la signora Franca, «e dove siamo tornati dopo gli anni vissuti a Milano, decidendo di stabilirci in paese».
Rifugio ideale per crescere quelle che Franca D’Oca chiama con voluta inconsapevolezza ancora bambine: Marina e Valeria. Le figlie, le sole capaci di superare (insieme alla moglie) nella speciale scala di gradimento le sue creature artistiche. Quelle migliaia di vignette che hanno ora una significativa ambasciata nelle 24 tavole dell’esposizione. «Ci fa piacere: a Franco avrebbe fatto piacere», dice della mostra Franca D’Oca, sempre discretamente un passo indietro rispetto al marito artista, attenta a non rubargli la scena. «Lui era famoso, di me non si ricorda nessuno, ma nei momenti importanti sono sempre stata al suo fianco».
Beffardo e malinconico, ironico e amaro, tagliente e rispettoso: Franco Putzolu ha guardato al mondo con i suoi occhi piccoli, che strizzava nel suo inconfondibile sguardo. Come a mettere a fuoco meglio le mille scene che hanno raccontato di argomenti seri, drammatici, e più frivoli. Facendo sorridere, in ogni caso. Dalla crisi delle fabbriche e occupazionale all’invasione dell’Isola delle turiste-bagnanti rappresentate rigorosamente in topless con la matita miracolosa più del silicone a tenere alti seni quarta misura. E chi non ricorda il suo omino sardo con la berritta e l’immancabile gregge a fare da contorno intento a commentare, laconicamente ma con pertinenza, dalle pagine dell’Unione Sarda? Dove lo accolse nel lontano 1970 l’allora direttore Vittorino Fiori («Fammi vedere cosa sai fai fare», gli disse) con un provino lampo che portò Franco a disegnare da par suo avviandosi già dall’indomani sulla strada che lo avrebbe portato a diventare un grande del disegno italiano.
I. Pillosu – L’Unione Sarda del 25/10/2013