Tormenti-Callweer – Cheikh Oumar Gaye
di 3 Agosto 2015 16:48 Letto 3.340 volte0
In una calda giornata di luglio trascorsa al mare, tra vocianti bagnanti, chiacchiere di ombrellone, bagni di sole e acqua rinfrescante, non ti aspetti di trovare una perla, per di più a buon mercato. Tra le tante cose inutili vendute in spiaggia ecco finalmente i libri! Il senegalese che li vende mi propone storie di animali, ricette, racconti africani, esperienze di migranti, ma un titolo mi attira perché capisco che è un libro di poesia. Copertina nera, disegno arancio di un paesaggio desolato che può rappresentare sia un’alba che un tramonto, poi il titolo in italiano e senegalese: Tormenti-Callweer. Lo sfoglio, leggo due righe, i titoli delle poesie, i testi in italiano e in senegalese e decido di comprarlo, voglio proprio leggere cosa e come scrive un poeta africano con quel linguaggio istintivo e universale che è la poesia.
La sua non è una voce intimista e introspettiva ma forte e alta parla alla sua gente, a quel popolo africano che non deve arrendersi ma trovare la forza di riprendere in mano il suo destino, riscattare la propria dignità, crescere in consapevolezza di popolo. Poesie di denuncia, parlano di malattie, di mutilazioni, di oppressione, di uomini e donne che anelano a un domani di rispetto e riconoscimento. Traccia nei suoi versi una strada per ritrovarsi, loro, popoli d’Africa, oltre il buio di questi tempi che li vede smarriti, alla deriva, naufraghi, abbagliati da un occidente di benessere. E lo sa bene l’autore Cheikh Oumar Gaye, che quell’esperienza l’ha vissuta e la vive sulla sua pelle, conosce i sentimenti della sua gente che ha dovuto emigrare e che forse proprio grazie alla lontananza riesce a leggere i mali della propria terra e i limiti della terra che li ospita.
I versi più strazianti sono rivolti all’Africa nella poesia Oppressione: “Africa, madre mia \ tu ti svilisci… \ Figlio d’Africa\insieme realizziamo i nostri pensieri \e le nostre azioni.\Zampilli del letamaio dove sguazza la nostra madre Africa”.
Tante poesie sono dedicate alla donna. In “E domani”, “Assassina”, “La puttana”, “Stupro”, “La mutilazione”, “L’escissione”, “Gloria al latte materno” , ci viene rappresentata la situazione della donna, le viene riconosciuto il suo valore nella maternità e nell’accesso alla cultura, vero e unico spartiacque per una concreta evoluzione sociale, in un difficile rispetto della tradizione che andrebbe superata per una società più equa.
Tradizione e modernità, uomini e donne, il mondo e l’Africa, la divinità e la cultura, questi sono i tormenti di un uomo che ha trovato nella poesia, nel verso chiaro e limpido, duro ma illuminante, lo strumento per dare voce ai desideri, alla consapevolezza, alla denuncia di un intero continente. Mi permetto un parallelo tra noi, sardi, e loro, africani: entrambi popoli sconfitti, noi ormai depredati, loro con una terra ricchissima ancora da capitalizzare; noi, con un piede sul collo, loro schiacciati dall’ingordigia dei loro stessi governanti (e noi no…?) incapaci di redistribuire le ricchezze della terra.
Riscrivo questa bella poesia, che forse col suo paradosso ci appartiene nel buio profondo dei nostri cuori.
PARADOSSO
La diversità dei colori fa la bellezza del quadro, della vita.
Paradosso non può essere più grande del confidenziale “uomo di colore”!
E tu, sei incolore o inodore?
E’ la tua testa che comanda il cuore o l’inverso?
E’ il colore della pelle che influenza sul comportamento del buono o del cattivo?
La conoscenza riporterà l’equilibrio in questo mondo controverso,
dove la vacca non beve più ormai se non dalla sua coda.
Dal ritorno da una convalescenza dopo un incidente sul lavoro,
il mio capo mi stende degli occhiali da sole di colore nero e mi dice:
“Ti ho portato degli occhiali come te”!
Io gli rispondo “perche come sono io”?
“Tu sei scuro”!, mi risponde lui!
In qualsiasi parte del mondo, ricco o povero,
il sangue ha lo stesso colore ma è la conoscenza che ci rende diversi.
Se il giorno fa amicizia con la notte,
sarà bel tempo ogni tempo e in ogni dove.
Mettiamo d’accordo i nostri cuori e la crisi agonizzera’
davanti ai nostri occhi
fino a scomparire.
Manuela Orrù